La leggenda di Zhang Sanfeng e l’origine dell’arte del Taijiquan
La leggenda parla di un bimbo nato il 9 aprile del 1247 a mezzanotte: il suo nome era Zhang Dong.
Sin da piccolo, si dimostrò un attento studioso degli antichi classici Confuciani.
Raggiunta l’età adulta, Zhang Dong lavorò come funzionario presso la corte imperiale, pur rimanendo un appassionato studioso di filosofia.
Ciò che accendeva particolarmente il suo interesse era una raccolta di testi che parlavano di alchimia interna dal nome “Baopuzi Neipan”: si riteneva che i segreti celati in questi libri fossero in grado di donare l’immortalità.
Rimasto orfano di entrambi i genitori, Zhang Dong si ritirò dalla carica di funzionario rinunciando anche a tutti i propri beni materiali in favore dei parenti, per andare in cerca di un Maestro che lo introducesse ai segreti dell’immortalità.
Per diversi anni soggiornò sui monti Baoji, in una zona che era chiamata anche “Sanfeng” (che significa “Tre picchi”: per questo motivo l’eremita Zhang Dong fu soprannominato Zhang Sanfeng ovvero “Zhang dei tre picchi”.
Durante il suo periodo da eremita Zhang Sanfeng incontrò un vecchio Daoista con il quale studiò per circa cinque anni i metodi per nutrire la vita e dal quale acquisì alcune nozioni fondamentali sull’alchimia interna Daoista.
In seguito, Zhang Sanfeng scomparve per molti anni e nessuno ne seppe più nulla.
Fece la sua ricomparsa sui monti Wudang che aveva scelto perché si riteneva fossero monti sacri.
Un giorno, mentre sedeva nella sua capanna concentrato nei propri studi, udì uno strano rumore provenire dall’esterno. Subito si affacciò alla finestra per capire da dove giungessero quegli strani rumori.
Scoprì che erano il risultato di un combattimento che si stava svolgendo tra un serpente ed una gru bianca.
Affascinato da tale bellezza, Zhang Sanfeng rimase a guardare quel combattimento fino a quando i due animali non decisero di andarsene ognuno per la propria strada.
Quello che lo colpì fu la straordinaria fluidità e la scioltezza del serpente che riusciva ad evitare tutti gli attacchi della gru grazie ai movimenti sinuosi e scattanti abbinati al continuo alternarsi di balzi in avanti e scatti all’indietro.
Zhang Sanfeng meditò a lungo sull’accaduto e la conclusione che trasse fu che ciò che è morbido e fluido ha la meglio su ciò che è rigido e duro.
L’osservazione dei movimenti del serpente che offriva il vuoto all’attacco della gru e attaccava invece quando questa si ritirava, lo portò a formulare una regola basata sul principio Yin e Yang: ad una azione Yin si deve rispondere con una azione Yang e ad una azione Yang si deve rispondere con una azione Yin.
In base a questa teoria, egli creò dei movimenti capaci di sfruttare la naturale fluidità ed il rilassamento del corpo, mantenendo sempre costante il flusso del Qi.
Una volta terminato questo lavoro, decise di aggiungere a questi movimenti anche i concetti appresi durante i suoi studi dell’alchimia Taoista dando così origine all’arte del Taijiquan.
Nei racconti Taoisti viene attribuita a Zhang Sanfeng anche la scoperta dei famosi Dian Xue, la tecnica mirata ad un punto preciso del corpo. Questi ultimi sarebbero una serie di 108 punti o cavità presenti lungo tutto il corpo che, se colpite nella corretta modalità, sarebbero in grado di produrre effetti devastanti sull’organismo, come ad esempio paralisi, mutismo, cecità e perfino la morte.